Il lavoro dei sogni esiste: in Giappone si viene pagati per dormire!

Il lavoro dei sogni esiste: in Giappone si viene pagati per dormire!
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Le vacanze natalizie sono ormai alle porte, e molti le sfrutteranno per godersi qualche meritata ora di sonno in più. In Giappone, però, il vostro riposo potrebbe avere un valore enorme: l'Università di Tsukuba e l'azienda Calbee, infatti, stanno cercando dei lavoratori che verranno pagati per dormire.

Sì, avete capito bene: non siamo parlando dell'ultimo trend del turismo del sonno, ma di una vera e propria ricerca scientifica che porrà le basi per uno studio volto al miglioramento della qualità del sonno della popolazione giapponese e, si spera, mondiale. Il programma, che non richiede alcun pre-requisito ai suoi partecipanti, si basa sul monitoraggio dei dati del sonno di chi vi prende parte.

Addirittura, per dare il vostro contributo alla scienza non dovrete fare un pisolino in ambienti di laboratorio o cose simili, ma vi basterà installare alcune sonde in casa vostra e poi andare a letto secondo i vostri normali cicli di sonno e veglia. Le sonde, infatti, misureranno il funzionamento delle onde celebrali dei partecipanti e condivideranno i risultati ottenuti di notte in notte con i ricercatori.

Ovviamente, la partecipazione allo studio è retribuita, perciò anche i più pigri potranno finalmente coronare il sogno di fare soldi "facili" dormendo: sfortunatamente non si tratta di grandi cifre, perché il compenso previsto per le "cavie" è di soli 50.000 Yen, ossia 340 Euro circa. In più, però, inviando i vostri dati ai ricercatori (ammesso di essere scelti per la ricerca, che al momento è aperta solo a chi vive in Giappone) farete anche avanzare il progresso scientifico sui disturbi del sonno.

Infatti, l'obiettivo dello studio è quello di valutare come il Covid-19 abbia peggiorato le abitudini di sonno della popolazione giapponese. Le statistiche, infatti, dimostrano che, nel Sol Levante come nel resto del mondo, il numero di persone affette da disturbi legati al sonno è aumentato a dismisura durante la pandemia da Coronavirus, probabilmente a causa dei repentini cambiamenti di stile di vita causati da quest'ultima.