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Il formaggio vietato dall'Unione Europea: la storia del Casu Marzu
INFORMAZIONI SCHEDA
Il Casu Marzu sardo è ormai conosciuto in tutto il mondo per varie ragioni: non solo è nel museo svedese dei cibi disgustosi, ma è anche un cibo vietato dall’Unione Europea. Cosa lo ha portato a questo ban? La presenza di vermi nella forma. E come ci arrivano? Capiamolo andando alla scoperta del Casu Marzu.
Il “formaggio marcio”, questa la traduzione letterale dal sardo di casu martzu, non è altro che formaggio caprino (in alcuni casi anche mix ovino-vaccino) colonizzato dalle larve della mosca casearia, nota scientificamente come Piophila casei. Sebbene in lingua sarda questo prodotto sia conosciuto con più nomi a seconda delle aree dell’isola, la creazione avviene alla stessa maniera e rigorosamente al naturale: in primavera i contadini si apprestano alla produzione di una tipica forma di pecorino sardo, posta però nelle condizioni di attirare la detta mosca casearia per lasciarla riprodurre all’interno della forma. In alcuni casi, si fanno dei piccoli fori colmati di olio per ammorbidire la crosta e invitare l’insetto.
Una volta deposte e schiuse le uova, le larve trasformano con i loro enzimi la pasta del pecorino in una morbida crema. Il processo di maturazione dura da 1 a 3 mesi e alcune forme restano in produzione fino a settembre. Quando la maggior parte delle larve è viva, il formaggio è allo stato migliore.
Proprio come il gorgonzola, il Casu Marzu è un prodotto caseario nato per errore e assaggiato per curiosità (e per la fame che c’era ai tempi), scoperto casualmente e diventato parte del patrimonio gastronomico sardo e italiano. A oggi questo formaggio è inserito nella banca dati dei Prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, ma anche nella “blacklist” dell’Unione Europea: le norme tecniche emanate dall’UE ne vietano la produzione, e la commercializzazione è proibita per legge poiché in contrasto con le norme igieniche e sanitarie stabilite in sede comunitaria.
Ciononostante, è possibile ancora oggi provarlo presso alcuni piccoli produttori sardi, magari con un po’ di pane carasau e un bicchiere di Cannonau.
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