Innovativo, sorprendente e tremendamente controverso: "The Wizard of Oz", il film del 1939 diretto da Victor Fleming - e in parte dal regista King Vidor - è noto in tutto il mondo per la sua trama magica e ricca di svolte fantasiose. La pellicola si basa sul romanzo scritto da L.Frank Baum - il primo di quattordici volumi sul mondo di Oz - pubblicato nel 1900 e tradotto in più di 50 lingue. Un successo planetario che punta i riflettori sull'avventura strabiliante di Dorothy Gale (Judy Garland) e il suo cagnolino Totò, che durante un tornado vengono catapultati da una fattoria del Kansas al magico mondo di Oz. La sua storia vede come protagonisti, assieme a lei, uno spaventapasseri, un leone, un uomo di latta e un paio di scarpette magiche, ma tra streghe e maghi il cammino della piccola eroina sarà pieno di episodi inaspettati. Ma quali sono i misteri e le controversie che si celano dietro questa celebre pellicola?
"The Wizard of Oz": violento e razzista?
Partendo dalla genesi del racconto, sono molti i rumor che riguardano lo scrittore Lyman Frank Baum. Nato a Chittenango nel 1956, un villaggio nella contea di Madison nello Stato di New York, dieci anni prima della stesura del romanzo per ragazzi lo scrittore fu coinvolto nel Massacro di Wounded Knee.
Si tratta, di preciso, del massacro di un gruppo di nativi americani Lakota da parte dell'esercito degli Stati Uniti d'America, avvenuto durante i conflitti sioux nella valle del torrente Wounded Knee. L. Frank Baum scrisse un editoriale razzista riguardo l'accaduto per il The Aberdeen Saturday Pioneer, il settimanale che curava tra il 1890 e il 1891.
Lo scrittore si rivolse con parole offensive e molto dure nei confronti dei nativi americani, sostenendo che dovessero "essere spazzati via dalla faccia della Terra" e che gli americani fossero stati troppo blandi nei loro confronti. Ma che c'entra questo con "The Wizard of Oz"? L'orientamento politico estremista dello scrittore vive, purtroppo, anche attraverso alcuni episodi del romanzo per bambini.
Uno dei riferimenti più controversi è quello nei confronti degli afroamericani, che nell'opera vengono trasformati in scimmie alate. Il libro è anche ricco di episodi violenti che poi, nella pellicola, sono stati modificati per non infastidire gli spettatori. Tra questi, la morte dei servi della Strega dell'Ovest (mentre nel film vengono solo cacciati via), e il desiderio di Dorothy di vedere la strega morta (ma nella pellicola aspirerebbe solamente ad ottenere la sua scopa). Nonostante la trama del film sia stata abbondantemente ripulita rispetto a quella originaria, nel film del 1939 non sono comunque mancati i retroscena controversi.
Judy Garland (Dorothy) fu spinta alla farmaco-dipendenza?
Durante le riprese di "The Wizard of Oz", Judy Garland (che interpretava la protagonista, Dorothy Gale) aveva 17 anni. Ma la piccola Dorothy doveva averne solo 12, dunque l'attrice fu costretta ad indossare un corsetto strettissimo durante tutte le scene del film per nascondere le sue forme. Inoltre, le scarpette scelte per lei, opera del costumista Adrian Adolph Greenberg, erano molto strette e dolorose. Nelle scene in cui non venivano ripresi i suoi piedi, Judy Garland indossava spesso delle pantofole per riprendersi dal dolore. Ma non è tutto: si dice che l'attrice fu costretta dalla Metro Goldwyn Mayer (MGM, compagnia cinematografica statunitense) ad assumere un grande quantitativo di amfetamine per evitare l'aumento di peso. Un rumor che si collega, in realtà, alla morte prematura della Garland a soli 47 anni, dovuta a un'assunzione eccessiva di barbiturici per un lungo arco di tempo.
Ma c'è un altro fatto allarmante riguardo "The Wizard of Oz" riguardo alla giovane attrice. Nel libro di memorie "Judy and I: My Life with Judy Garland", il suo terzo marito Sidney "Sid" Luft scrisse che durante le riprese del film, l'attrice avrebbe subito molteplici molestie da parte dei "mastichini" (i piccoli abitanti del mondo di Oz). In un'intervista con Jack Paar del 1967, la stessa Judy ha raccontato - visibilmente scossa - che gli attori fossero sempre alticci, e che la sua giovane età non impediva loro di farle delle avance. La Garland ha ricordato anche le feste a base di alcol che ogni sera gli attori facevano in hotel, poi confermate dal produttore Mervyn LeRoy. "Facevano orge di sesso in hotel" avrebbe dichiarato LeRoy. "Eravamo costretti a tenere dei poliziotti praticamente su ogni piano".
Il mastichino impiccato
I mastichini di "The Wizard of Oz" sono al centro della maggior parte di polemiche a controversie che aleggiano attorno alla pellicola. Una leggenda metropolitana evidenzia un episodio macabro che rimase irrisolto per molti anni, che coinvolse una scena del film. Si dice infatti che uno degli attori che interpretavano i mastichini, in seguito ad un licenziamento in tronco, decise di suicidarsi proprio sul set. Nella scena in cui Dorothy, lo Spaventapasseri e l'Uomo di Latta si dirigono verso il percorso di mattoni gialli, si vedrebbe infatti una figura di un uomo impiccato sullo sfondo tra gli alberi. La notizia sarebbe stata prontamente smentita e soffocata da parte della MGM, ma circolò per molti anni.
L'uomo, un nano, si sarebbe impiccato per protestare contro le condizioni di lavoro estreme: la maggior parte degli attori arrivava sul set alle 4 o 5 del mattino e se ne andava non prima delle 8 di sera, con pochissime pause. Un datore di lavoro, inoltre, poteva scegliere di licenziare un lavoratore senza dare spiegazioni. Dopo il restauro del film, tuttavia, emerse che la figura "appesa" all'albero fosse in realtà un grosso uccello che sbatteva le ali. Ma alcuni credono ancora che il volatile sia stato ri-editato e sovrapposto alla figura dell'uomo, per nasconderne la sua sagoma. Oltretutto, lo spaventapasseri sarebbe inciampato proprio a ridosso di quella visione inquietante, come se fosse stato colto dall'orrore.
Costumi e make-up pericolosi
La situazione dietro le quinte del film del 1939 fu tutt'altro che rosea anche per molti attori protagonisti. E alquanto azzardata, per quanto riguarda l'utilizzo del make-up e dei costumi. Il primo malcapitato fu Buddy Ebsen, l'attore che per primo interpretò l'Uomo di Latta, e che fu costretto ad abbandonare le riprese dopo appena 10 giorni. Ebsen venne infatti ricoverato d'urgenza per un intossicazione da polvere di alluminio, utilizzata nel suo make-up sul viso. L'attore inalò inoltre una consistente quantità di alluminio che gli provocò dei problemi respiratori. Fortunatamente, dopo aver rischiato la morte, dopo due mesi di ricovero si riprese. Lo sostituì Jack Haley, e con lui il trucco si trasformò in una sorta di pasta spalmabile (che conteneva comunque particelle di alluminio, ma in parte minore).
Ma il costume di scena più controverso fu quello del Leone Codardo: 45 kg di vera pelle e criniera di leone sul corpo di Bert Lahr, che sudava costantemente in ogni scena. Tutti, sul set, odiavano quel costume a causa dell'odore che emanava, e due assistenti furono costretti a lavarlo ed asciugarlo ogni giorno. L'attore, inoltre, dovette patire la fame per tutta la durata delle riprese: il trucco che portava sul viso non gli permetteva di masticare e Lahr si sottopose ad una dieta di soli liquidi. Dal canto suo Margaret Hamilton, l'attrice che interpretava la Strega dell'Ovest, fu vittima di ustioni di terzo grado a causa di una macchina del fumo che si ruppe e si incendiò accanto a lei. Ad aggravare la situazione, anche il suo trucco a base di ossido di rame, che le provocò gravi danni alla pelle. La stretta maschera di gomma dello Spaventapasseri lasciò invece diversi segni sulla pelle di Ray Boger, per diverse settimane dopo le riprese.
Ma cosa c'entrano i Pink Floyd?
Se le controversie non vi sono bastate, ecco un'altra leggenda metropolitana che aleggia attorno a "The Wizard of Oz" del 1939. Si dice, infatti, che guardando il film e ascoltando contemporaneamente l'album "The Dark Side of the Moon" dei Pink Floyd, si noti una strana sincronia tra musica ed immagini.
La leggenda prese il nome di "Dark Side of the Rainbow" e nacque nel 1995, quando il Fort Wayne Journal Gazette pubblicò un articolo di Charles Savage che suggeriva ai lettori di guardare la pellicola ascoltando l'album musicale. Secondo Savage, bisognerebbe avviare l'album mentre il leone della MGM ruggisce per la prima volta sullo schermo.
"Il risultato è sorprendente. È come se il film fosse un lungo video musicale d'autore per l'album. I testi e i titoli delle canzoni corrispondono all'azione e alla trama. La musica si gonfia e si abbassa con i movimenti dei personaggi...Ci si aspetta di vedere abbastanza coincidenze sicure da farvi chiedere se l'intera faccenda sia stata pianificata".
I membri dei Pink Floyd, tuttavia, hanno negato qualsiasi collegamento. Il chitarrista David Gilmour avrebbe liquidato l'ipotesi come il prodotto di "un tizio con troppo tempo a disposizione", mentre nel 2022 Roger Waters, interrogato nuovamente sulla teoria, ha dichiarato che si trattava solo di "stronzate".
Innovativo, sorprendente e tremendamente controverso: "The Wizard of Oz", il film del 1939 diretto da Victor Fleming - e in parte dal regista King Vidor - è noto in tutto il mondo per la sua trama magica e ricca di svolte fantasiose. La pellicola si basa sul romanzo scritto da L.Frank Baum - il primo di quattordici volumi sul mondo di Oz - pubblicato nel 1900 e tradotto in più di 50 lingue. Un successo planetario che punta i riflettori sull'avventura strabiliante di Dorothy Gale (Judy Garland) e il suo cagnolino Totò, che durante un tornado vengono catapultati da una fattoria del Kansas al magico mondo di Oz. La sua storia vede come protagonisti, assieme a lei, uno spaventapasseri, un leone, un uomo di latta e un paio di scarpette magiche, ma tra streghe e maghi il cammino della piccola eroina sarà pieno di episodi inaspettati. Ma quali sono i misteri e le controversie che si celano dietro questa celebre pellicola?
"The Wizard of Oz": violento e razzista?
Partendo dalla genesi del racconto, sono molti i rumor che riguardano lo scrittore Lyman Frank Baum. Nato a Chittenango nel 1956, un villaggio nella contea di Madison nello Stato di New York, dieci anni prima della stesura del romanzo per ragazzi lo scrittore fu coinvolto nel Massacro di Wounded Knee.
Si tratta, di preciso, del massacro di un gruppo di nativi americani Lakota da parte dell'esercito degli Stati Uniti d'America, avvenuto durante i conflitti sioux nella valle del torrente Wounded Knee. L. Frank Baum scrisse un editoriale razzista riguardo l'accaduto per il The Aberdeen Saturday Pioneer, il settimanale che curava tra il 1890 e il 1891.
Lo scrittore si rivolse con parole offensive e molto dure nei confronti dei nativi americani, sostenendo che dovessero "essere spazzati via dalla faccia della Terra" e che gli americani fossero stati troppo blandi nei loro confronti. Ma che c'entra questo con "The Wizard of Oz"?
L'orientamento politico estremista dello scrittore vive, purtroppo, anche attraverso alcuni episodi del romanzo per bambini.
Uno dei riferimenti più controversi è quello nei confronti degli afroamericani, che nell'opera vengono trasformati in scimmie alate. Il libro è anche ricco di episodi violenti che poi, nella pellicola, sono stati modificati per non infastidire gli spettatori. Tra questi, la morte dei servi della Strega dell'Ovest (mentre nel film vengono solo cacciati via), e il desiderio di Dorothy di vedere la strega morta (ma nella pellicola aspirerebbe solamente ad ottenere la sua scopa). Nonostante la trama del film sia stata abbondantemente ripulita rispetto a quella originaria, nel film del 1939 non sono comunque mancati i retroscena controversi.
Judy Garland (Dorothy) fu spinta alla farmaco-dipendenza?
Durante le riprese di "The Wizard of Oz", Judy Garland (che interpretava la protagonista, Dorothy Gale) aveva 17 anni. Ma la piccola Dorothy doveva averne solo 12, dunque l'attrice fu costretta ad indossare un corsetto strettissimo durante tutte le scene del film per nascondere le sue forme.
Inoltre, le scarpette scelte per lei, opera del costumista Adrian Adolph Greenberg, erano molto strette e dolorose. Nelle scene in cui non venivano ripresi i suoi piedi, Judy Garland indossava spesso delle pantofole per riprendersi dal dolore.
Ma non è tutto: si dice che l'attrice fu costretta dalla Metro Goldwyn Mayer (MGM, compagnia cinematografica statunitense) ad assumere un grande quantitativo di amfetamine per evitare l'aumento di peso. Un rumor che si collega, in realtà, alla morte prematura della Garland a soli 47 anni, dovuta a un'assunzione eccessiva di barbiturici per un lungo arco di tempo.
Ma c'è un altro fatto allarmante riguardo "The Wizard of Oz" riguardo alla giovane attrice. Nel libro di memorie "Judy and I: My Life with Judy Garland", il suo terzo marito Sidney "Sid" Luft scrisse che durante le riprese del film, l'attrice avrebbe subito molteplici molestie da parte dei "mastichini" (i piccoli abitanti del mondo di Oz).
In un'intervista con Jack Paar del 1967, la stessa Judy ha raccontato - visibilmente scossa - che gli attori fossero sempre alticci, e che la sua giovane età non impediva loro di farle delle avance. La Garland ha ricordato anche le feste a base di alcol che ogni sera gli attori facevano in hotel, poi confermate dal produttore Mervyn LeRoy. "Facevano orge di sesso in hotel" avrebbe dichiarato LeRoy. "Eravamo costretti a tenere dei poliziotti praticamente su ogni piano".
Il mastichino impiccato
I mastichini di "The Wizard of Oz" sono al centro della maggior parte di polemiche a controversie che aleggiano attorno alla pellicola. Una leggenda metropolitana evidenzia un episodio macabro che rimase irrisolto per molti anni, che coinvolse una scena del film. Si dice infatti che uno degli attori che interpretavano i mastichini, in seguito ad un licenziamento in tronco, decise di suicidarsi proprio sul set. Nella scena in cui Dorothy, lo Spaventapasseri e l'Uomo di Latta si dirigono verso il percorso di mattoni gialli, si vedrebbe infatti una figura di un uomo impiccato sullo sfondo tra gli alberi. La notizia sarebbe stata prontamente smentita e soffocata da parte della MGM, ma circolò per molti anni.
L'uomo, un nano, si sarebbe impiccato per protestare contro le condizioni di lavoro estreme: la maggior parte degli attori arrivava sul set alle 4 o 5 del mattino e se ne andava non prima delle 8 di sera, con pochissime pause. Un datore di lavoro, inoltre, poteva scegliere di licenziare un lavoratore senza dare spiegazioni. Dopo il restauro del film, tuttavia, emerse che la figura "appesa" all'albero fosse in realtà un grosso uccello che sbatteva le ali. Ma alcuni credono ancora che il volatile sia stato ri-editato e sovrapposto alla figura dell'uomo, per nasconderne la sua sagoma. Oltretutto, lo spaventapasseri sarebbe inciampato proprio a ridosso di quella visione inquietante, come se fosse stato colto dall'orrore.
Costumi e make-up pericolosi
La situazione dietro le quinte del film del 1939 fu tutt'altro che rosea anche per molti attori protagonisti. E alquanto azzardata, per quanto riguarda l'utilizzo del make-up e dei costumi.
Il primo malcapitato fu Buddy Ebsen, l'attore che per primo interpretò l'Uomo di Latta, e che fu costretto ad abbandonare le riprese dopo appena 10 giorni. Ebsen venne infatti ricoverato d'urgenza per un intossicazione da polvere di alluminio, utilizzata nel suo make-up sul viso. L'attore inalò inoltre una consistente quantità di alluminio che gli provocò dei problemi respiratori. Fortunatamente, dopo aver rischiato la morte, dopo due mesi di ricovero si riprese. Lo sostituì Jack Haley, e con lui il trucco si trasformò in una sorta di pasta spalmabile (che conteneva comunque particelle di alluminio, ma in parte minore).
Ma il costume di scena più controverso fu quello del Leone Codardo: 45 kg di vera pelle e criniera di leone sul corpo di Bert Lahr, che sudava costantemente in ogni scena. Tutti, sul set, odiavano quel costume a causa dell'odore che emanava, e due assistenti furono costretti a lavarlo ed asciugarlo ogni giorno.
L'attore, inoltre, dovette patire la fame per tutta la durata delle riprese: il trucco che portava sul viso non gli permetteva di masticare e Lahr si sottopose ad una dieta di soli liquidi. Dal canto suo Margaret Hamilton, l'attrice che interpretava la Strega dell'Ovest, fu vittima di ustioni di terzo grado a causa di una macchina del fumo che si ruppe e si incendiò accanto a lei.
Ad aggravare la situazione, anche il suo trucco a base di ossido di rame, che le provocò gravi danni alla pelle. La stretta maschera di gomma dello Spaventapasseri lasciò invece diversi segni sulla pelle di Ray Boger, per diverse settimane dopo le riprese.
Ma cosa c'entrano i Pink Floyd?
Se le controversie non vi sono bastate, ecco un'altra leggenda metropolitana che aleggia attorno a "The Wizard of Oz" del 1939. Si dice, infatti, che guardando il film e ascoltando contemporaneamente l'album "The Dark Side of the Moon" dei Pink Floyd, si noti una strana sincronia tra musica ed immagini.
La leggenda prese il nome di "Dark Side of the Rainbow" e nacque nel 1995, quando il Fort Wayne Journal Gazette pubblicò un articolo di Charles Savage che suggeriva ai lettori di guardare la pellicola ascoltando l'album musicale. Secondo Savage, bisognerebbe avviare l'album mentre il leone della MGM ruggisce per la prima volta sullo schermo.
"Il risultato è sorprendente. È come se il film fosse un lungo video musicale d'autore per l'album. I testi e i titoli delle canzoni corrispondono all'azione e alla trama. La musica si gonfia e si abbassa con i movimenti dei personaggi...Ci si aspetta di vedere abbastanza coincidenze sicure da farvi chiedere se l'intera faccenda sia stata pianificata".
I membri dei Pink Floyd, tuttavia, hanno negato qualsiasi collegamento. Il chitarrista David Gilmour avrebbe liquidato l'ipotesi come il prodotto di "un tizio con troppo tempo a disposizione", mentre nel 2022 Roger Waters, interrogato nuovamente sulla teoria, ha dichiarato che si trattava solo di "stronzate".
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