Ci sono millenials che hanno passato pomeriggi interi in cameretta ad ascoltare gli album dei Verdena e ci sono millenials che mentono. Ma Roberta Sammarelli e i fratelli Ferrari, con l'album "Volevo Magia" sono ufficialmente tornati in scena, fedeli al loro sound impetuoso e sempre ricercato.
La storia dei Verdena
Era il 1995 e il rock italiano aveva bisogno di una svolta, una visione più introspettiva e viscerale che si distaccasse dalle solite hit radiofoniche destinate a far successo per qualche mese o poco più.
Il mondo aveva appena detto addio a Kurt Cobain, ma tra i giovani vi era la sensazione che il grunge, quel sottogenere culturale dalle sonorità sofferte e trasandate, avesse ancora molto da dire - e da dare - nella scena musicale dell'epoca. Tra t-shirt logore, capelli lunghi e arruffati, camicie a quadri e urla strazianti, il nuovo movimento di Seattle degli anni '90 ha raggiunto anche l'Italia, il Belpaese fatto di sole, mare e cantautorato orecchiabile. Ad oggi possiamo affermare che il grunge italiano sia stato una parentesi breve, una fiammella morta sul nascere che è velocemente sfociata in altre wave più commerciali, come l'indie, o collassata su sé stessa con melodie e testi fin troppo cerebrali, che sconfinano nel rock alternativo. Ma c'è stato un gruppo, nel pieno degli anni '90, che è riuscito a smentire le aspettative delle case discografiche italiane, portando il suo "teen spirit" in alta rotazione sugli schermi di MTV.
Alberto Ferrari alla chitarra e alla voce, suo fratello Luca Ferrari alla batteria e Roberta Sammarelli al basso: i Verdena si formano nel 1995 in territorio bergamasco, fanno le prove in un pollaio riadattato a studio di registrazione, si ispirano dichiaratamente ai Nirvana per il nome - anche se inizialmente volevano chiamarsi Verbena, come la pianta - e suonano nel nome della ribellione e dell'anarchia interiore.
Il trio dalle sonorità crepuscolari e sovversive raggiunge il successo nel 1999 con "Valvonauta" e un videoclip che incarna alla perfezione le inquietudini e le ansie adolescenziali delle nuove generazioni. Da quel momento in poi la band, premiata da Repubblica con il premio PIM "gruppo rivelazione del 1999", intraprende una carriera a dir poco intensa, tra dieci album, partecipazioni a festival e rivoluzioni di stile che partono dal grunge fino a sfiorare il blues, lo psychedelic rock, il punk e lo shoegaze.
E mentre la loro musica si stratifica di suoni man mano più complessi, con l'aggiunta di tastiere, elementi ritmici e "sporcature", i loro testi si fanno sempre più astrusi e impenetrabili. Diciamocelo, nessuno ha mai compreso fino in fondo una canzone dei Verdena: il frontman, che scrive i testi attraverso la tecnica del cut-up (prima canticchiati in un inglese finto, poi riadattati in italiano) ha sempre lasciato libero spazio all'immaginazione degli ascoltatori, senza mai soffermarsi sul senso logico delle parole. C'è chi dice che ad ogni canzone corrisponda un'allucinazione, o chi afferma addirittura che i Verdena compongano ogni singolo album sotto effetto di una droga diversa. Sono molte le leggende metropolitane che orbitano attorno alla band di Albino, che negli anni ha saputo giocare e sperimentare servendosi dell'alone di mistero che circonda ogni singolo componente, con performance live in bilico tra mondi onirici e frastuoni aggressivi.
Ciò che possiamo dare per certo è che oggi, dopo aver ritardato il loro ritorno di più di due anni a causa della pandemia, l'unico vero gruppo grunge italiano - attualmente in tour - è tornato a sconvolgerci con nuovi progetti musicali e, lo scorso settembre, con un attesissimo nuovo album, "Volevo magia". In un periodo storico dettato dalla nostalgia, siamo certi che il trio Ferrari-Sammarelli sia pronto a riappropriarsi di quello spazio psichedelico e rumoroso che nessuno, nel panorama musicale italiano, è mai riuscito a strappargli.
Ci sono millenials che hanno passato pomeriggi interi in cameretta ad ascoltare gli album dei Verdena e ci sono millenials che mentono. Ma Roberta Sammarelli e i fratelli Ferrari, con l'album "Volevo Magia" sono ufficialmente tornati in scena, fedeli al loro sound impetuoso e sempre ricercato.
La storia dei Verdena
Era il 1995 e il rock italiano aveva bisogno di una svolta, una visione più introspettiva e viscerale che si distaccasse dalle solite hit radiofoniche destinate a far successo per qualche mese o poco più.
Il mondo aveva appena detto addio a Kurt Cobain, ma tra i giovani vi era la sensazione che il grunge, quel sottogenere culturale dalle sonorità sofferte e trasandate, avesse ancora molto da dire - e da dare - nella scena musicale dell'epoca.
Tra t-shirt logore, capelli lunghi e arruffati, camicie a quadri e urla strazianti, il nuovo movimento di Seattle degli anni '90 ha raggiunto anche l'Italia, il Belpaese fatto di sole, mare e cantautorato orecchiabile. Ad oggi possiamo affermare che il grunge italiano sia stato una parentesi breve, una fiammella morta sul nascere che è velocemente sfociata in altre wave più commerciali, come l'indie, o collassata su sé stessa con melodie e testi fin troppo cerebrali, che sconfinano nel rock alternativo. Ma c'è stato un gruppo, nel pieno degli anni '90, che è riuscito a smentire le aspettative delle case discografiche italiane, portando il suo "teen spirit" in alta rotazione sugli schermi di MTV.
Alberto Ferrari alla chitarra e alla voce, suo fratello Luca Ferrari alla batteria e Roberta Sammarelli al basso: i Verdena si formano nel 1995 in territorio bergamasco, fanno le prove in un pollaio riadattato a studio di registrazione, si ispirano dichiaratamente ai Nirvana per il nome - anche se inizialmente volevano chiamarsi Verbena, come la pianta - e suonano nel nome della ribellione e dell'anarchia interiore.
Il trio dalle sonorità crepuscolari e sovversive raggiunge il successo nel 1999 con "Valvonauta" e un videoclip che incarna alla perfezione le inquietudini e le ansie adolescenziali delle nuove generazioni. Da quel momento in poi la band, premiata da Repubblica con il premio PIM "gruppo rivelazione del 1999", intraprende una carriera a dir poco intensa, tra dieci album, partecipazioni a festival e rivoluzioni di stile che partono dal grunge fino a sfiorare il blues, lo psychedelic rock, il punk e lo shoegaze.
E mentre la loro musica si stratifica di suoni man mano più complessi, con l'aggiunta di tastiere, elementi ritmici e "sporcature", i loro testi si fanno sempre più astrusi e impenetrabili. Diciamocelo, nessuno ha mai compreso fino in fondo una canzone dei Verdena: il frontman, che scrive i testi attraverso la tecnica del cut-up (prima canticchiati in un inglese finto, poi riadattati in italiano) ha sempre lasciato libero spazio all'immaginazione degli ascoltatori, senza mai soffermarsi sul senso logico delle parole. C'è chi dice che ad ogni canzone corrisponda un'allucinazione, o chi afferma addirittura che i Verdena compongano ogni singolo album sotto effetto di una droga diversa. Sono molte le leggende metropolitane che orbitano attorno alla band di Albino, che negli anni ha saputo giocare e sperimentare servendosi dell'alone di mistero che circonda ogni singolo componente, con performance live in bilico tra mondi onirici e frastuoni aggressivi.
Ciò che possiamo dare per certo è che oggi, dopo aver ritardato il loro ritorno di più di due anni a causa della pandemia, l'unico vero gruppo grunge italiano - attualmente in tour - è tornato a sconvolgerci con nuovi progetti musicali e, lo scorso settembre, con un attesissimo nuovo album, "Volevo magia". In un periodo storico dettato dalla nostalgia, siamo certi che il trio Ferrari-Sammarelli sia pronto a riappropriarsi di quello spazio psichedelico e rumoroso che nessuno, nel panorama musicale italiano, è mai riuscito a strappargli.
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