Cosa sono le Città di 15 minuti? Alla scoperta di un futuro a misura d'uomo

Alla scoperta del modello urbanistico più discusso di questi anni: specchio di un desiderio di metropoli vivibili e green.

Cosa sono le Città di 15 minuti? Alla scoperta di un futuro a misura d'uomo
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Un tempo, quando si fantasticava su come sarebbero state le città del futuro, le prime immagini che venivano in mente erano scenari fantascientifici con grandi palazzi e macchine volanti. Oggi, man mano che il presente stesso diventa sempre più fantascientifico (e con qualche sfumatura distopica di troppo), siamo forse più portati, quando ci immaginiamo i futuri possibili, ad auspicare non tanto nuove tecnologie prodigiose, ma luoghi più vivibili.
E così nella città del futuro che si tenta di costruire oggi non ci sono le macchine volanti, anzi ci sono meno automobili possibili perché ci si può spostare a piedi o in bicicletta.
È l'idea dietro alla città di 15 minuti: un modello di pianificazione urbanistica che spinge verso una città policentrica, in cui i servizi essenziali sono distribuiti uniformemente in tutti i quartieri, permettendo così agli abitanti di ridurre i lunghi spostamenti poiché tutto ciò che è necessario per la vita quotidiana non dovrebbe trovarsi a più di un quarto d'ora di distanza dalla propria abitazione.

Una formula efficace

L'espressione "città di 15 minuti" è stata coniata da Carlos Moreno, urbanista franco-colombiano che insegna alla Sorbona. Moreno usa per la prima volta questa formula in un articolo del 2016 pubblicato su La Tribune intitolato "La città del quarto d'ora: per una nuova pianificazione cronourbanistica". Nell'articolo si parla appunto di cronourbanistica, cioè di un approccio alla pianificazione urbana che tenga conto non solo della dimensione spaziale, ma anche di quella temporale, in quanto elemento determinante per la qualità della vita delle persone.
«Conciliare le esigenze della città sostenibile ma anche i nuovi ritmi con altri modi di vivere, abitare, lavorare e divertirsi - scriveva Moreno nel 2016 - richiede una trasformazione dello spazio urbano ancora fortemente monofunzionale, con il centro città e le sue diverse specializzazioni, verso uno sviluppo policentrico città, sostenuta da 4 componenti principali: prossimità, diversità, densità, ubiquità. È la città del quarto d'ora, dell'iperprossimità, dell'"accessibilità" a tutti e a qualsiasi ora... Quella dove, in meno di 15 minuti, un residente può accedere ai propri bisogni essenziali».

Nel 2020, in un Ted Talk, Moreno è tornato a parlare dell'argomento spiegando: «vorrei offrire un concetto di città che va nella direzione opposta all'urbanistica moderna. Un tentativo di far convergere la vita in uno spazio a misura d'uomo, piuttosto che frazionarla in una grandezza disumana, che poi ci costringe ad adattarci. In poche parole, l'idea è che le città dovrebbero essere progettate o riprogettate in modo che nel raggio di 15 minuti, a piedi o in bicicletta, le persone possano vivere l'essenza di ciò che costituisce l'esperienza urbana. Per avere accesso a lavoro, alloggio, cibo, salute, istruzione, cultura e tempo libero»

L'idea di Moreno era, in sostanza, di pianificare l'evoluzione delle metropoli in aperta opposizione al modello di urbanizzazione dominante per buona parte del Ventesimo Secolo, cioè quello del cosiddetto urban sprawls o della città diffusa: una crescita disordinata che finisce per dividere il territorio in aree monofunzionali (ad esempio quartieri residenziali, quartieri industriali, quartieri commerciali, e così via) e quindi costringere le persone a spostarsi da una zona all'altra per soddisfare le proprie necessità.

L'idea della città di 15 minuti non è certo il primo tentativo di opporsi a questo tipo di sviluppo. Al contrario nel corso dei decenni molti urbanisti hanno ipotizzato modelli alternativi, basati su quartieri polifunzionali. Ad esempio, nel 1929 lo studioso Clarence Perry introdusse il concetto di unità di vicinato, che si basava su un recupero dell'idea di quartiere anche come comunità. Perry concepì questa idea studiando la maniera migliore per distribuire i parchi giochi a New York in modo tale che fossero raggiungibili autonomamente e in sicurezza dai bambini.
A distanza di quasi 100 anni l'esigenza di fondo non è cambiata. Il grande merito di Carlos Moreno, allora, non sta tanto in aver proposto idee nuove o rivoluzionarie, ma soprattutto nell'aver trovato una formula efficace per riassumerle ed esprimerle.

Una esigenza attuale

Ma se la formula "città di 15 minuti" è nata con un articolo del 2016 e si rifaceva a teoria ben più vecchie, come mai solo negli ultimi anni è diventata un argomento centrale del dibattito pubblico?
L'espressione ha conosciuto una grande popolarità a partire dal 2020, quando Anne Hidalgo (dal 2014 sindaca di Parigi) durante la campagna per la rielezione incluse nel suo programma elettorale il concetto di città di 15 minuti. Da allora la formula ha iniziato ad apparire nelle campagne elettorali per le elezioni comunali in tante grandi città in tutto il mondo. Ad esempio, in Italia, nel 2021 si è parlato di città di un quarto d'ora nelle campagne per l'elezione del sindaco sia a Roma che a Milano.

Ma le ragioni per cui un ripensamento dell'organizzazione delle metropoli è diventata una esigenza più attuale che in passato sono diverse e più profonde. A cambiare molte cose è stata la pandemia: i mesi di restrizioni hanno portato molti a riconsiderare gli spazi di prossimità in cui si vive, ma anche la gestione del proprio tempo.
Un cambiamento anche culturale ha portato tante persone a considerare la libertà di disporre del tempo come un fattore sempre più cruciale per la qualità della vita, l'idea di perderlo imbottigliati nel traffico, mentre ci si sposta da una zona della città all'altra, è diventata quindi poco tollerabile. Tanto più che smartworking e shopping online ci hanno già abituato a soddisfare alcune esigenze fondamentali senza l'obbligo di muoverci.

Ma la questione si interseca anche con quello che è forse il tema più importante della nostra epoca: la crisi ambientale. La crescente sensibilità ecologica, stimolata anche dagli effetti di anno in anno più visibili del cambiamento climatico, ha reso maggiormente desiderabile una città più sostenibile e meno inquinata. E poiché una città dove tutto è più vicino significa una città con meno auto che circolano e quindi con meno emissioni, è chiaro che chiunque voglia un futuro più verde spinga in quella direzione.

Disinformazione e complottismo

Ma l'idea della città di 15 minuti non piace a tutti. Al di là delle critiche legittime, che per lo più sollevano dubbi sulla effettiva realizzabilità di un simile modello, il concetto è stato distorto da disinformazione di tipo complottista.
Secondo teorie che circolano principalmente sul web la città di un quarto d'ora sarebbe una facciata che nasconde tentativi per controllare la popolazione imponendo forti restrizioni alla libertà di movimento. Insomma, c'è chi ha iniziato a dipingere scenari da narrazione distopica secondo cui ai cittadini verrebbe vietato di abbandonare i propri quartieri.

Si tratta, ovviamente, di voci prive di qualunque fondamento, dato che nessun promotore della città di 15 minuti ha mai accennato a limitazioni o divieti: l'idea alla base è che ciascuno possa soddisfare i propri bisogni essenziali all'interno del quartiere dove vive perché ha la possibilità di farlo, non certo perché viene obbligato.

Queste teorie complottiste sono salite all'onore della cronaca nel marzo scorso in seguito a delle proteste a Oxford contro l'introduzione di alcune zone a traffico limitato (in inglese low traffic neighborhoods o Ltn). Le proteste sono state alimentate anche da fake news, diffuse soprattutto sui social, che parlavano appunto di un piano per impedire alle persone di viaggiare a più di 15 minuti dalla propria abitazione senza permesso.
L'origine di teorie del complotto come questa va cercata negli stessi ambienti dove è sostenuto il negazionismo dei cambiamenti climatici, cioè dove prevalgono posizioni conservatrici e fortemente ostili verso qualunque cambiamento di stile di vita in senso più sostenibile ed ecologico.

Lavori in corso

Ma di concreto cosa si sta facendo di concreto per realizzare le città di 15 minuti? E dove? Bisogna innanzitutto dire che le critiche sulla natura molto utopica e poco realistica del modello hanno una parte di verità, dato che nella maggioranza delle grandi metropoli la sua effettiva realizzazione sembra ancora un obbiettivo molto distante. Eppure, qualcosa si sta muovendo in tutto il mondo.
Barcellona ha adottato il modello dei "super blocchi", cioè zone di 400 metri per lato al cui interno possono accedere solo i veicoli dei residenti e vige il limite di velocità a 10 chilometri orari. All'interno di ciascun blocco sono potenziati i servizi, le piste ciclabili e le aree verdi.

Abbiamo già detto come la sindaca di Parigi Anne Hidago fin dalla sua rielezione nel 2020 ha puntato moltissimo sulla città di un quarto d'ora. Alla base del suo progetto ci sono le scuole, viste come l'epicentro dell'organizzazione della vita delle famiglie. L'impegno, quindi, è quello di garantire un istituto scolastico ogni 300 metri.

A Bogotà, nonostante i problemi di corruzione e criminalità, la sindaca Claudia Lopez Hernandez parla della città di 15 minuti anche come uno strumento per combattere le disuguaglianze sociali, investendo su trasporti pubblici e piste ciclabili per pareggiare le possibilità anche per chi vive nei quartieri più poveri e problematici.
Perfino una megalopoli immensa e attraversata da autostrade come Los Angeles è cambiata negli ultimi dieci anni per diventare più a misura d'uomo. Anche Eric Garcetti, sindaco della città dal 2013 al 2022, ha a lungo appoggiato la filosofia dei 15 minuti e ha investito molto in trasporto pubblico e innovazione per cercare di ridurre il numero di automobili.